Arriva "L'uomo nero"

Mentre ancora festeggiamo il successo straripante al botteghino di "Cado dalle nubi" e ne godiamo con Gennaro Nunziante e Checco Zalone, ecco che - venerdì prossimo 4 dicembre - arriva in circa duecento sale italiane il nuovo film di Sergio Rubini, "L'uomo nero", interamente girato in Puglia tra San Vito dei Normanni, Mesagne e dintorni.

La sceneggiatura ci aveva colpito moltissimo per i livelli di lettura ed il lavoro sulla memoria; le riprese ci avevano rapito per la splendida composizione formale ed ora, qui in film commission non vediamo l'ora di goderne al cinema.

Intanto ci intratteniamo leggendo la critica di Paolo Mereghetti apparsa oggi sul Corriere della sera, che soddisfazione.

A Sergio, a tutto il cast, alle maestranze che vi hanno lavorato, agli amministratori coinvolti, ai territori partecipi in produzione, alla produttrice e a noi tutti di apulia film commission l'augurio di continuare così.
Que viva el cinema!

 

Il passo giusto della commedia

di PAOLO MEREGHETTI

Non è la prima volta che Rubini torna agli anni dell’infanzia per il soggetto di un suo film né che rievoca la figura del padre ferroviere. Ma mai con la precisione di quest’ultimo lavoro: persino i quadri che si vedono alle parete che il padre del film dipinge, sono quelli dipinti dal padre reale.

Come se dopo tanto "girare intorno" alla figura paterna, volesse farci i conti definitivamente, pur rivelando — nella scelta di interpretarlo lui stesso — un legame che rasenta l’"identificazione".

Eppure, qualche conto in sospeso Rubini lo vuole risolvere, a cominciare da quello con la critica o comunque con i pregiudizi di coloro che, come il professor Venusio e l’avvocato Pezzetti, non sanno vedere nelle persone le loro vere e autentiche qualità. Un "errore" in cui incorre anche il piccolo protagonista del film, il figlio del capostazione-pittore, che a volte scambia le sfuriate del padre per mancanza di affetto (e i rimbrotti della madre per ingiustizie), e non capisce invece che sono caso mai la dimostrazione di un "eccesso" di affetto. Ecco, la qualità principale di questo film, capace di trasmettere alla storia un’aria di soffusa malinconia pur nel suo simpatico ritmo da commedia (l’episodio con la vedova Pavone è un gioiellino), è proprio il bisogno di far uscire allo scoperto l’umanità e la dolcezza dei due genitori senza però trasformarli mai in due "eroi", anche solo di una commedia.

La storia del film non riserverà loro l’occasione di una eclatante rivincita sulla piccineria dei concittadini, e forse il piccolo Gabriele (e ai tempi il piccolo Rubini) ne soffrirà, ma come confessa il fantasma del padre al figlio venuto a seppellirlo, le "rivincite" sono poca cosa. L’importante è la coscienza di essere nel giusto. E questa volta Rubini dà proprio l’impressione di averlo raggiunto, quel "giusto".