Università del Salento e Centro Studi presentano il Corso di introduzione alla critica cinematografica

Il Centro Studi di Apulia Film Commission, in collaborazione con la cattedra di Etica della Comunicazione e di Cinema, Fotografia, Televisione del prof. Giovanni Scarafile dell’Università del Salento presenta il “Corso di introduzione alla critica cinematografica”.

Nato da un’idea di Giovanni Scarafile e sostenuto dal prof. Stefano Cristante – preside del Corso di laurea in Scienze della comunicazione - il corso ha la finalità di consentire ad un gruppo selezionato di studenti di acquisire le competenze teorico-pratiche per recensire i film presenti in sala nel mese di Maggio 2013 all’interno di un inserto specifico, pubblicato settimanalmente dal Nuovo Quotidiano di Puglia e distribuito gratuitamente in tutte le librerie di Lecce.
Si tratta di un esperimento che, con il supporto di Apulia Film Commission, vede il coinvolgimento di specialisti del settore, giornalisti della carta stampata, filosofi, psicologi ed, ovviamente, critici del cinema. Per informazioni, è possibile scrivere al prof. Giovanni Scarafile (giovanni.scarafile@unisalento.it).
 
Note sul corso
«Quando il critico cinematografico esce da un cinema, non sa cosa pensare di ciò che ha appena visto». Questa indicazione, rinvenibile nello scritto I sette peccati capitali della critica cinematografica (1955) di François Truffaut, indica forse nel modo più efficace la difficoltà insita nel lavoro del critico.  Da un lato, infatti, è vero che l’esperire del cinema possiede una tale immediatezza da consegnare a chiunque la possibilità di esprimere opinioni su un film appena visto; dall’altro lato, è anche vero che l’accesso appropriato alle significazioni dischiuse dal dispositivo cinematografico necessita di competenze specifiche, studi complessi, visioni plurime e soprattutto di ragioni espresse sotto la forma di argomentazioni fondate.
La posizione del critico va dunque colta all’interno di una tale tensione bipolare: il costante avvertimento a non scadere nella banalità e contestualmente il non trincerarsi all’interno di linguaggi iniziatici ad excludendum.
Ci sono, ovviamente, alcune note dolenti che già Truffaut segnalava: il critico deve conoscere la storia del cinema, deve conoscerne la tecnica, deve aver coscienza dei propri limiti. Tuttavia, nemmeno se ipotizzassimo il perfetto conseguimento di tutte queste prerogative, potremmo essere certi di aver raggiunto l’identikit del perfetto critico.
Quale percorso seguire nel delineare un corso di formazione per critici in erba?
Abbiamo ritenuto che una chiara indicazione potesse essere rinvenuta nelle parole dei primi testimoni dell’avvento del cinematografo. I primi critici (molto spesso, studiosi e psicologi di chiara fama), infatti, si erano resi conto che solo l’implicazione di più discipline poteva rendere conto della specificità significazionale della nuova arte, definita non a caso “settima”, proprio per la sua originalità non riconducibile a nessuna delle arti precedenti.
Oggi come allora, parlare – a ragion veduta, argomentando – di cinema implica la necessità di ragionare non solo di singoli aspetti di una corrente o della poetica di un cineasta. Procedere lungo tali direttrici non è sbagliato, ma rischia di far ricadere all’interno di quello specialismo tanto sofisticato quanto incomunicabile lamentato in precedenza.
Si tratta, invece, di avere il coraggio di allargare lo sguardo, provando a ragionare (logos) sul principio (arché) del cinema. Una tale archeologia non può essere attuata da alcuna disciplina singolarmente, ma solo all’interno di un effettivo dialogo tra i saperi in cui sia prima di tutto praticato l’ascolto dell’altro. In questa prospettiva, il recupero della fonte dell’esperienza cinematografica permette così di risemantizzare i discorsi, allargando auspicabilmente l’ambito di riferimento di una critica avveduta alla filosofia, alla storia della fotografia, alla psicologia, al giornalismo, alla sociologia dei media.