Quei film che servono al cinema.

Ho visto ieri sera tardi, in una sala romana, all'ultimo spettacolo di un piovoso lunedì "Sole a catinelle" di Gennaro Nunziante e con il nuovo Totò, Luca Medici - coautore, attore e musicista del film con il nome di battaglia Checco Zalone -.
Ho riso - a tratti molto - ed ho a tratti riflettuto sull'italiano medio raccontato da Zalone, destrorso senza capire perché, dotato di una scarsa cultura generale, ma intelligente come sanno essere gli italiani medi, di quella intelligenza urticante, usata per farsi i fatti propri, per piegare cinicamente ogni rovescio in occasione di rivalsa, per sfruttare il prossimo, ma in fondo in fondo generoso con i propri cari, felice di occupare la propria parabola umana con le poche certezze che ancora possiede.
Penso non sia un grande film, peraltro il finale è davvero sbagliato e poco convincente per la sua chiusa metacinematografica e penso che la sua fortuna sia dettata da un mix formidabile di fattori distributivi (esce senza controprogrammazione e forte di una domanda impetuosa di pubblico ed esercenti), comunicazioni (è presentato come un evento atteso da due anni, essendo peraltro l'unica commedia su piazza e avendo molto intelligentemente scelto questo weekend, lontano dall'affollamento natalizio), soggettivi (Checco è, s/oggettivamente, una maschera irresistibile che arriva a tutti i pubblici) e di linguaggio (non le ho contate, ma ci saranno almeno 150 scene con un montaggio serratissimo, quasi asfissiante, da tv arrembante e giovanilistica). Se, appunto, non fosse stato un evento, probabilmente non sarei andato a vederlo al cinema e avrei atteso il passaggio televisivo, impegnando il mio tempo libero con opere più accurate. Con il cinema-cinema.
Ma penso anche la nostra industria cinematografica abbia un disperato bisogno di film così: ce ne vorrebbero 20 l'anno, due al mese, per riconciliare con la sala il grande pubblico e lasciar trasudare risorse dal cinema commerciale a quello autoriale ché l'uno vive per l'altro e viceversa. E solo i gretti ideologicamente perversi non capiscono questa regola elementare e saggia.
Perciò, da meridionale orgoglioso, dico grazie Genny, grazie Luca.
P.s.
Dopo alcuni giorni esce questa ottima recensione a firma di un intellettuale che amo molto della mia generazione. Merita una lettura, sebbene dica cose in parte diverse dalle mie.
Christian Raimo su Minima et Moralia

2 Responses
  1. Volevo solo fare un domanda “tecnica”. I produttori dei film di Zalone, di Massimiliano Bruno, di Pieraccioni ed altri re del botteghino, quanto soldi hanno investito nel cinema autoriale? o meglio, “autoriale” è tutto il cinema. Diciamo allora nel cinema non di cassetta, per non dire nelle commedie? Se siamo fortunati qualcuno prova a fare un thriller o un horror. Altrimenti per non fare commedie – per i produttori e l’estabilshment italiano – e non rimanere chiuso nei cassetti a prescindere devi essere Sorrentino, Tornatore, Salvatores o simili. Non credo che questi film avvicinino più gente al cinema cinema, come lo ha definito lei. Nè che aiutino Produttori, Raicinema o Medusa ad investire in progetti di stampo diverso. Vanno solo incontro al pubblico, e portano incassi. Benedetti, per carità. Non chiudono le sale con questi incassi, menomale. Ma la cosa si ferma lì.
    Tanti anni fa cominciò la corsa al cinepanettone: autunno, inverno estate primavera tutti a fare la stessa tipologia di film con vagonate di attori (esperienza deludente). Da qualche anno tutti a fare commedie (molti i flop) cercando il nuovo Germi o siimili e sempre con lo stesso cast (se non c’è bova, papaleo o brignano il film non viene preso in considerazione) . Ora iniziarà la corsa agli emuli di Zalone (ma è talmente bravo ed unico che per fortuna ne esiste uno solo e non replicabile).
    Oramai il cinema-cinema si fa con gli interventi delle poche e sempre più rare film comission come la sua che provano ad aiutare veramente il cinema. Per il resto sta diventando una sorta di “mission impossible” , nell’indifferenza generale soprattutto degli addetti ai lavori e delle istiutuzioni.

  2. Grazie dello spunto Massimo, molto arguto.
    Io la penso così: rileggendo i numeri che faceva il cinema italiano negli anni ’70 e ’80, quando ancora il cinema era una forma d’intrattenimento (e acculturazione) di massa, con le commedie che trainavano i produttori che poi realizzavano anche opere prime e seconde. I Cristaldi, i Ponti, i Lombardo, i De Laurentiis facevano l’una e l’altra cosa e la seconda grazie ai primi, cioè alle commedie popolari.
    Perché s’è interrotta questa trasudazione di risorse? Perché la TV ha sottratto pubblico al cinema e questo non ha saputo reinventarsi come racconto popolare. Ecco perché penso che Zalone faccia bene al cinema.

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