Le domande di Arcopinto

Adesso che finalmente il cinema italiano si è ripreso la testa della classifica grazie a Benvenuti al nord, che tiene a doverosa distanza Immaturi. Il viaggio, ma che comunque insieme, i due, fanno a pezzi i cinepanettoni; adesso che finalmente è arrivato Acab, l’opera prima sorprendente, perché incassa pur non essendo una commedia e dividendo gli spettatori, che abbandonano la sala delusi prima della fine del film o che rimangono fino ai titoli di coda gridando al grande film di caratura internazionale; adesso che purtroppo, non so per quale anno consecutivo, mi pare sette, il cinema italiano si ritrova, sorpreso, escluso dalla competizione dell’Oscar al miglior film straniero; adesso che il cinema italiano può dirsi onorato della presidenza della giuria di Cannes affidata al maestro Moretti; adesso, proprio adesso, in questa grigia mattina che promette pioggia, a me viene voglia di fare delle domande al cinema italiano.
Ma tu, che hai gridato compatto al capolavoro, il progetto di un film come The artist, in bianco e nero e muto, lo avresti mai preso in considerazione? O non ne avresti forse sbeffeggiato gli autori?
Perché nessuno dei tuoi ha sottolineato quanto siano devastanti le ultime decisioni delle commissioni ministeriali che, tornando a elargizioni a pioggia con i pochi spiccioli rimasti, di fatto impedirà la realizzazione di gran parte dei film finanziati o li costringerà a farli sulla pelle di chi lavora, senza però creare tornaconto a nessuno, tanto meno a se stesso? E che senso ha avuto stanziare duecentomila euro per Acab, che si sapeva – soprattutto per l’abilità, questa indiscutibile, nel costruire l’operazione – ne avrebbe potuto fare tranquillamente a meno?
E non ti vergogni del balletto sulla direzione del Festival di Roma a cui ci stai facendo assistere? Quale credibilità, ammesso ne abbia mai avuta una, conserverà quel festival, chiunque lo vada a dirigere?
E sei così sicuro che per concorrere all’Oscar siano sufficienti un tema forte e cinque indimenticabili inquadrature? E di contro, ma sei così sicuro che tu ti debba confrontare con l’Oscar quale fosse veramente il riconoscimento a cui tendere in maniera assoluta?
E il maestro Moretti, non era quello da cui comunque tenere sempre un po’ le distanze?
E non ti senti un po’ responsabile del fatto che forse è vero che oggi in Italia non siamo più in grado di fare The artist, o Miracolo a Le Havre, o Le nevi del Kilimangiaro? Ma non è forse colpa tua che hai relegato i potenziali autori di film come questi a stare fermi per anni o a essere inseriti in un mercato ghetto per poco più di ventimila spettatori quando dice benissimo, sparando in primo piano registi strateghi della comunicazione, che costruiscono prima delle operazioni commerciali e poi, se avanza, forse anche dei film?
Nel calcio quest’anno in serie A hanno esonerato dodici allenatori e non credo proprio finisca qui: ma perché tu, tra i tuoi che gestiscono il potere, non mandi mai a casa chi sbaglia o chi è incapace? Perché i cambiamenti sono sempre e solo dettati dai giochi di partito?
Perché io oggi pomeriggio devo andare a fare lezione nella scuola per eccellenza, il Centro Sperimentale di Cinematografia, e trovare la metà degli allievi a digerire il pranzo bighellonando nei corridoi senza sapere cosa fare? Perché non hai mai voluto capire quanto sarebbe importante quel posto?
A questo punto tu sei legittimato a chiedermi: ma tu che vuoi?
Io voglio che i miei allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia, con i loro compagni, con chi ci crede, con chi vuole ancora sognare, si rimbocchino le maniche e ricostruiscano sulle tue macerie, nella piena consapevolezza di quello che hai combinato. E’ l’unica cosa che mi interessa, è l’unico motivo per cui continuo a combattere.
Fonte: Il fatto quotidiano