Il complimento più bello.

Il complimento più bello che ho avuto in questa mia esperienza professionale con l'Apulia Film Commission è avvenuto ieri per telefono.
Avevo infatti scritto al nostro legale per chiedergli conto di una piccolissima causa civile che vede coinvolta una signora che, nel 2010, è inciampata su di un totem del Bif&st ritenendo così di far causa al Comune di Bari che si è opposto chiamando noi in giudizio. Ebbene il legale mi ha chiamato ed ha esordito complimentandosi con me per l'amore e la cura che ci metto nel mio lavoro. Altri manager - mi diceva - per cause e cose così piccole se ne fregano e delegano al legale ogni aspetto.
Io ho vissuto questi cinque anni e mezzo tutti così. Senza che (quasi) nulla potesse passarmi indifferente dinanzi agli occhi. Questa nostra creatura è un bene prezioso del territorio e se funziona (come tutti sanno e ritengono e d'altra parte le polemiche che a volte ci tangono, muovono prevalentemente da chi ritiene che noi facciamo troppe cose, non troppo poche) è perché, insieme a me, ci sono un'Assemblea dei Soci che vigila, un Consiglio di Amministrazione appassionato e attento, un Collegio dei revisori puntiglioso ed uno staff di direzione giovane e competente che lavora su ogni procedura, attività o processo con lo stesso amore e la stessa cura che ci metteremmo per una cosa completamente nostra. Questo è l'unico modo che conosco e di cui ho sempre desiderato infondere i luoghi collettivi che ho frequentato nella mia vita.
Avere cura. Se tutti facessero così, credo l'Italia sarebbe un posto migliore. D'altra parte basta che ognuno faccia quel che sa e al meglio delle proprie possibilità, dando il massimo.
E se qualcuno non è d'accordo, non bisogna mai scoraggiarsi, perché l'unanimità è una cosa pericolosa, che fa smarrire il senso critico e la misura di noi stessi.

2 Responses
  1. “con lo stesso amore e la stessa cura che ci metteremmo per una cosa completamente nostra”
    ma è una presa in giro? Certo che è una cosa completamente vostra.
    gentile direttore, al di la del rispetto che per educazione conservo per qualunque individuo, cosa o pensiero, i suoi post risultano alle volte contro ogni decenza.
    nessuno mai ha fatto notare che non è stato assolutamente pubblicato, in tutti questi anni, un commento negativo ai suoi post? come è possibile?
    infatti non credo che lo sia, piuttosto sembra una banale forma di mistificazione mediatica. proprio come B.
    quanto ha incassato la nave dolce? le scuole pagano?
    perdoni l’anonimato ma anche io ho famiglia e la clausola dei litigi con la fondazione mi costringe a questa forma di codardia che ovviamente preferirei non utilizzare.

  2. Gentile internauta anonimo/a,
    non amo confrontarmi con i fantasmi codardi, ma capisco che in tempi così mesti sia difficile trovare gente coraggiosa e non condizionata da personali interessi. E lei non appartiene di sicuro alla schiera dei coraggiosi.
    Tuttavia desidero impiegare il mio tempo per risponderle.
    Il senso del post era che qui noi gestiamo il denaro pubblico come se fosse il nostro personale denaro: con cura, attenzione maniacale e parecchio amore. E che altrove, invece, in altre istituzioni pubbliche (o di diritto privato, come la nostra Fondazione) non funziona così.
    Quanto ai commenti non pubblicati se mi porta una prova, anche una sola, di commenti (non offensivi) non pubblicati le offro una cena dove vuole lei. Così magari possiamo parlare di cinema, industria dell’audiovisivo e di film commission.
    La mistificazione mediatica è solo nella sua testa: è liberissimo di criticarci e, come vede, lo ha fatto addirittura sul nostro portale.
    Poi lei passa a tutt’altro argomento, dimostrandosi per quello che è: un/a poveraccio/a.
    “La nave dolce” incasserà, come da noi ampiamente previsto, alla fine del suo ciclo di sfruttamento, una cifra superiore ai 100mila euro che, per un documentario è un successo fuori dal comune. Perché in Italia, semplicemente, i doc non escono al cinema, salvi alcuni coraggiosi casi. E noi siamo fra questi casi.
    In ultimo la sua pochezza giuridica si evidenzia con la sua considerazione finale: i litigi sono quelli tra una società e la nostra Fondazione in ordine a transazioni o interpretazioni contrattuali.
    Di certo non la inseriremmo nella “black list” se avesse la compiacenza di far conoscere al mondo la sua identità.

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