Dedicato alle maestranze.

Ricevo una email privata da una ragazza che lavora in un reparto di produzione.
Ometterò il suo nome per delicatezza, ma ne riporto il contenuto.

Si lamenta della difficoltà di trovare ruoli nei film che si stanno girando e si gireranno presto in regione.
Le ho inviato una risposta che credo giusto pubblicare nel blog, a beneficio dei tanti e delle tante che pongono la stessa inquieta e giusta domanda.

"Cara ....,
"il lavoro è un diritto". Sono cresciuto con questo slogan nella mia testa di giovane in formazione ai tempi del liceo e poi dell'università. E da quel principio non mi sono mai discostato, non ho mai 'tradito' si direbbe.
Infatti, appena nominato alla direzione della film commission pugliese proposi e ottenni, nonostante ad alcuni sembrava troppo alta, che nel regolamento del nostro film fund fosse prevista la soglia del 30% di assunzioni di maestranze pugliesi sui set prodotti da aziende sostenute con soldi dei pugliesi.

Da quando esistiamo, cioè da soli 23 mesi circa, abbiamo sempre lavorato seguendo questa linea. Ovviamente, per evitare ogni tipo di condizionamento, abbiamo evitato di segnalare direttamente nomi e ruoli, limitandoci a creare sul nostro portale web la guida alla produzione, un data base di profili curriculari cui le produzioni possano liberamente attingere.

Sono stato personalmente sui tutti i set a verificare che vi fossero maestranze pugliesi e, sino ad oggi, ho sempre constatato la loro presenza.
Ma non è del tutto perfetto il nostro meccanismo. Esistono crepe, e numerose anche.

Per esempio la intermediazione di maestranze locali viene spesso effettuata su data base di privati, i cosiddetti location manager (Coppola, Angelini, Lopez, Trevisi, Marini, ecc...) che hanno spesso gruppi affiatati e stabili di collaboratori che lavorano al loro seguito. Chi non fa parte di questi circuiti fa più fatica ad entrare.

Per questo, oltre che a stabilire un rapporto di collaborazione diretta con i citati location manager, cerchiamo il più possibile di convincere direttori di produzione e organizzatori generali ad allargare il giro scegliendo anche tra i curricula presenti sul nostro sito.

Noi, più di questo, davvero non possiamo fare.

Infatti è mia abitudine studiare i modelli delle altre film commission nazionali e non. Tra le migliori c'è quella piemontese grazie alla quale da anni, ormai, e grazie alla produzione della serie tv "Elisa di Rivombrosa", una intera classe di maestranze s'è formata dando poi garanzie ai successivi produttori del proprio talento.

Noi stiamo puntando allo stesso obiettivo: formare sul campo le maestranze e cercare di portare qui lunghe serialità che garantiscano troupe più ampie e più lunghe di quelle dei film cinema.

Se ci riusciremo, come sono convinto faremo prestissimo, allora spero sarà soddisfatta la tua come la domanda di tanti e tante altri che aspettano con immutata speranza il momento del proprio riscatto.

Sappi però almeno questo: noi ce la stiamo mettendo tutta ed i risultati arriveranno perché da questo lato c'è un team appassionato e competente, e profondamente affezionato alla propria terra e alla propria gente.
Mi credi?

Nota a margine: il film di Rubini parte a fine mese. Quelli di Ozpetek e di Albanese a fine agosto, dunque hai ancora tutto il tempo di cercare il colloquio con le produzioni coinvolte, rispettivamente dunque con Fandango e Lumiére.

In bocca al lupo
s."

_______

Gentile direttore,
la contatto in quanto pugliese nonchè maestranza nel settore cinematografico, per chiedere delucidazioni riguardo la nostra "collocazione" sul territorio, in merito al fatto che siamo tutti chiaramente informati sui nostri diritti lavorativi.
Sono una costumista, appassionata a tal punto da saltellare da un ruolo all'altro con competenza, pur di aumentare le mie opportunità lavorative, ma le assicuro che è sempre più difficile avere visibilità ed è ancora più frustrante vedere la moltitudine di produzioni operanti, adesso più che mai, a un palmo dal mio naso ed essere totalmente impotenti, invisibili appunto. Sergio Rubini, Giovanni Albanese, F.Ozpetek per citarne alcuni, che collaborano con la Apulia Film Commission e che quindi lascerebbero ben sperare a noi maestranze locali di essere automaticamente assorbite come da regolamento. Però di fatto così non accade, se io e molti miei colleghi, ci ritroviamo a dover affrontare la lunga via crucis della ricerca, per vie traverse, di contatti a cui riferirsi sperando di rientrare nella rosa dei fortunati.
Io credo che sia ingiusto dover chiedere come un favore personale ciò che ci spetta di diritto cioè un lavoro, il ricoprire il ruolo per cui siamo competenti, con lunghi anni di studio, lauree, corsi di specializzazione e gavetta e poi ancora qui a chiedere e aspettare, di dimostrare che sappiamo fare cinema e non abbiamo proprio nulla da invidiare ai nostri colleghi romani.
Trovo invece che dovremmo essere tutelati in quanto anche grazie a noi, spesso con badget non propriamente adeguati, si ottengono prodotti comunque qualitativamente alti, magari al di sopra delle aspettative.
Vorrei che lei trovasse per me una risposta, che mi pacificasse, che fornisse quindi una giustificazione a tutto questo, vorrei sapere chi sono, se ci sono, le mie colleghe (o colleghi), quelle che vengono ingaggiate al posto mio, come costumista/assistente costumi, truccatrice/assistente trucco, sarta di scena.
Al fine di non apparire pretenziosa, allego il mio curriculum, affinchè possa verificare le mie esperienze e competenze, se avesse la pazienza di leggerlo, gliene sarei grata, perchè attesterebbe la legittimità dei miei dubbi.
Fiduciosa in una sua risposta chiarificatrice, la saluto augurandole un buon proseguo.

Cordialmente

3 Responses
  1. invito a una Cultura del lavoro.
    Mi permetto di inserirmi nella questione sollevata dalla costumista autrice di questa lettera (vera, grave) e nell’altrettanto critica e propositiva risposta del direttore Maselli offrendo solo un ulteriore spunto di riflessione. Non mi è mai capitato personalmente di lavorare su una grossa produzione che sia venuta a girare in Puglia, ma ho una lunga lista di amici che mi hanno riportato testimonianze sconcertanti al riguardo: lavoro gratis cammuffato da stagismo, lavoro in nero o sottopagato, produzioni con troupe blindate portate da Roma o da fuori, maltrattamenti vari in toni e modi alle persone coinvolte localmente come se non fossero portatrici sane di saperi e competenze per il solo fatto di abitare una periferia (a nulla valgano i curriculum faticosamente costruiti altrove e anche all’estero a colpi di gavetta, formazione e produzioni proprie). Il quadro che ne emerge è mortificante per un Sud evoluto di vendoliana speranza che proclama ad ogni occasione di voler crescere e proporsi come soggetto di una nuova cultura, proprio mentre un settore in evidente crescita come quello delle produzioni audiovisive propone una prassi e una sottocultura del lavoro che restituisce l’idea della Puglia come un serbatoio di manodopera sfruttabile, di splendide scenografie gratuite o ottenibili con dubbi metodi di riconoscimento economico, di bella luce, almeno quella, concessa gratuitamente e fortunatamente dal Padreterno. Inutile sottolineare come Piemonte e Puglia siano al momento le Regioni che istituzionalmente hanno fondi più cospicui da destinare alla produzione audiovisiva e che le produzioni italiane si stiano ormai da tempo fregando le mani su come concepire progetti furbi che attingano a questo o quel nuovo pozzo di San Patrizio.
    In questi ultimi miei anni di esperienza documentaria nel Salento ho conosciuto e scoperto maestranze sorprendenti, soprattutto grazie a quella formidabile risorsa umana che è il passaparola, giovanissime maestranze, poco più che maggiorenni, che possiedono la freschezza creativa, la capacità risolutiva del problema, la cognizione degli strumenti e l’abnegazione verso il lavoro e il progetto che abbracciano che contraddicono il luogo comune della pigrizia meridionale e della sfiducia verso il cambiamento. Non sono la maggioranza? Fossero anche solo un dieci per cento avremmo il dovere di scommettere su di loro e di impedirne l’emigrazione o la fuga.
    Un altro tremendo luogo comune è da combattere con forza: quello della nostra indolenza nei confronti di una cattiva cultura del lavoro, che genera vulnerabilità, sottomissione e colonizzazione della specie peggiore. Abbiamo ancora molto da imparare nel farci rispettare come lavoratori e in questo credo che istituzioni importanti come la Film Commission possano avere un ruolo importante di filtro e garanzia. Innanzitutto come Istituzioni, controllando che dietro una produzione che si stanzia a girare in Puglia e usufruisce di contributi non ci sia solo la truffa studiata per intercettare finanziamenti in cambio del prestigio di essere guardati dal vivo dalla star di turno (come lo stesso Maselli afferma di fare e aver fatto); in secondo luogo monitorando e incentivando le produzioni locali, meccanismi indipendenti che sono un’ottima cartina di tornasole per quanto accade a livello creativo produttivo e professionale tra i giovani pugliesi che vogliano lavorare nel cinema e trovare una collocazione anche nelle produzioni esterne alla Puglia. Non che la Film Commission debba assumersi un ruolo di talent scout, ma che possa guardarsi intorno e accendere circuiti elettrici sì, è almeno auspicabile.
    Noi autori possiamo impegnarci ad arricchire questo database di maestranze locali. L’Emilia Romagna, cito ad esempio (solo perché Maselli dichiara d’essere ricettivo nei confronti delle prassi d’altre regioni) possiede e propone diversi database regionali: uno per tutti quello della Film Commission stessa, che pubblicava anche una guida cartacea annuale sull’argomento, molto utile e continuamente aggiornata, ma soprattutto vetrina democratica. Meglio ancora, la telematica rende più facile e possibile questa messa a disposizione di dati. Il passaparola è prezioso ma non basta e spesso e volentieri- e gli italiani in questo maestri indiscussi- la voce di corridoio è solo la premessa per raccomandare un amico senza arte né parte, a svantaggio di quelli che il lavoro sanno farlo davvero e investono tutti se stessi allo scopo. Una cultura sana del lavoro torna utile a tutti e ci rende intelligenti e poco sfruttabili.

  2. Purtroppo, quello della trasparenza del lavoro nelle produzioni cinematografiche e più in genere audiovisive è tutta una questione ancora da chiarire.
    Nessuno lo farà mai, perché è chiaro che nonostante si promuovano corsi, master o altro, c’è un forte clienteralismo in questi settori.
    Io ho esperienza diretta di tutto questo.
    Di case di produzione che affidano progetti produttivi ad organizzatori, che non trovi mai nei posti in cui dovrebbero essere, e cioè nelle case di produzione stesse.
    E per trovarli devi farti in quattro, girare la città di Roma, come un disperato e ti chiedi se ne vale la pena e per quanto tempo potrai ancora farlo.
    Ciò che manca alla Puglia è la Puglia stessa.
    Si dovrebbe partire da qui, valorizzare prodotti “pugliesi”, realizzati da società pugliesi, da registi “pugliesi”, aprire loro la strada della distribuzione con agevolazioni serie e non solo fondi alla produzione che servono a lasciare film a casa e che nessuno vede.
    Insomma promuovere una cultura cinematografica “pugliese”.
    Quello che mi chiedo è quando si inizierà veramente a valorizzare i nostri ragazzi e le nostre intelligenze.
    C’è purtroppo ancora qualcuno che ritiene che per far cinema bisogna andarsene, e chiaramente il pensiero va a Roma.
    E il problema è che lo sentii dire anche da qualche importante esponente della Apulia FC.

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