Tim Cook

Non c'è bisogno di appellarsi alla 231/01, la legge sulla responsabilità oggettiva delle imprese, per capire che il signor Tim Cook è inadeguato al ruolo di successore di Steve Jobs.
Fosse stato ancora vivo, non credo - o almeno non posso credere - che Jobs avrebbe autorizzato un suicidio di marketing e comunicazione come il varo sul mercato di un iPhone che si posiziona al ribasso rispetto alle attese dei consumatori del marchio di Cupertino.
Perché hanno dunque lanciato il 5c unitamente al 5s?
Ho letto un interessante articolo del NYT in cui si racconta l'ossessione dei vertici Apple nei confronti della Samsung, impresa coreana che addirittura rifornisce semilavorati alla Apple stessa e che, evidentemente, ne copia ogni mossa in termini di prodotto.
Ma proprio per questa ossessione, non si doveva cedere alla tentazione di puntare a un pubblico più largo perché tale scelta contravviene alla regola più importante del marketing post industriale: essere unici nel posizionamento, creare comunità di eguali, far sentire il consumatore unico e prescelto.
Invece ecco qui l'errore che costerà caro: un oggetto di plastica colorata, che diverge dall'eleganza, lo stile, l'unicità delle invenzioni di casa Apple.
Un errore da manuale, da cui tutti gli appassionati di prodotto e servizi devono trarre insegnamento.
Ps: non sembra dunque un caso che al nuovo bellissimo e cilindrico Mac Pro, pensato per chi fa musica, audiovisivo e grafica a livelli professionali, stesse lavorando personalmente Jobs. Prima di morire. Il Capitalismo funziona se, nel suo sistema, vi lavorano grandi cervelli.